17 novembre 2020 – Leggo, in un decreto dell’Ufficio di Presidenza di un’importante Corte di appello, un invito rivolto ai magistrati a – cito testualmente- “valutare con sufficiente benevolenza eventuali richieste di remissione in termini…”.
Sufficiente benevolenza. Sono certo che le intenzioni di chi ha rivolto quell’invito fossero le migliori; ma giudico inaccettabile che il rispetto del diritto di difesa venga predicato in termini di benevolenza: quel rispetto costituisce un dovere per tutti, ed in primo luogo per i giudici, non una concessione graziosa di un sovrano, che la elargisce oppure no secondo il suo piacere.
Chiariamo subito che nessun avvocato è incorso in decadenze, tanto da dover implorare remissioni in termini ex art. 153 comma 2: noi gli atti li abbiamo trasmessi, e tempestivamente. Se il Ministero della giustizia non è stato in grado di acquisirli per tempo, ha un problema che deve risolvere, se non vuole rispondere dei danni arrecati. E se un giudice dovesse decidere di giudicare senza un atto che è stato trasmesso tempestivamente, credo sarebbe difficile assai evitare la sanzione di nullità di tutta la attività successiva. Per questo, serve non benevolenza, ma un provvedimento normativo che consenta la sospensione di tutti i termini, sia ora che in futuro, mediante una procedura agile ed immediata, oggi che tutto dipende dal Pct. E sempre perché la difesa è un diritto, ed il suo rispetto un dovere, appare necessario sapere perché in questi giorni è stato sospeso: perché non ho potuto difendere compiutamente i cittadini?
Ma io credo che il problema sia più ampio. Nelle aule giudiziarie, io mi aspetto equità e giustizia, non benevolenza; e me le aspetto perché è un diritto dei cittadini riceverle, e dei giudici garantirle. Molti dei magistrati che conosco lo fanno, e so per certo che tra loro c’è anche chi ha utilizzato quel termine infelice; ma l’uso di quel termine infelice, insieme a tutto quello che sta succedendo, ed al silenzio sulle cause di un disastro del genere impone una riflessione pacata: è venuto il momento di rendersi conto che tutti i protagonisti del processo, coloro che ne dettano le regole, giudici, cittadini ed avvocati hanno diritti ed obblighi, e devono rispettare questi ultimi, e poter esercitare i primi.
Antonio de Notaristefani