Difendo l’udienza civile

Lo so: ciascuno di noi è convinto che l’attività che svolge è la più importante di tutte.

Ne siamo convinti pure noi avvocati civilisti, e credo a ragione: nei processi civili si discute e decide della indipendenza e della dignità dei cittadini, per evitare che vengano tra di loro alle armi. Potrei citarne tanti, di esempi, ma ne bastano un paio.

E’ stato davanti ad un giudice civile, che si è dovuto individuare il difficile bilanciamento tra la negazione di un diritto alla morte, e la affermazione di quello alla dignità della esistenza umana, anche nel momento in cui si va spegnendo: Eluana Englaro.

E’ stato davanti ad un giudice civile che si è dovuta affrontare una questione industriale che coinvolgeva la economia nazionale, il lavoro di decine di migliaia di persone, e la salute di una intera popolazione: ILVA.

Certo, per fortuna non tutti i processi civili sono così, ma ognuno di essi racconta la storia di esseri umani, della loro vita affettiva, sociale, economica, e su quella vita ha sempre un impatto, che può essere devastante ed irreparabile.

L’affidamento di un figlio, un fallimento, la perdita del posto di lavoro o della abitazione: gli uomini non sono numeri, destinati a svanire nella estrapolazione statistica, ed una cambiale può rappresentare una tragedia, per chi non ha i soldi per pagarla.

Delle vite di quei cittadini, delle loro speranze, dei loro fallimenti, e dei loro diritti, si discute e decide nei processi civili, e noi ce ne costituiamo garanti: non possiamo accettare, neppure provvisoriamente, e per ragioni di emergenza sanitaria, una loro compressione o limitazione.

E’ in questa prospettiva, che deve essere affrontato il problema della regolamentazione dei processi in una fase nella quale, alla pandemia, si va aggiungendo la emergenza economica, che i processi civili possono contribuire ad alleggerire, od ad aggravare.

Bisogna ammetterlo, Chiovenda aveva ragione: “...le centinaia di cause che ingombrano l’udienza dei nostri tribunali sono cause che, nella grandissima maggioranza, non si trattano, ma si rinviano” e per fare un rinvio in situazione di emergenza sanitaria, in fondo, un sistema vale l’altro, anche se la trattazione scritta si può fare sin da oggi, e la udienza in videoconferenza no.

Ma se una causa si deve trattare, e non rinviare, allora occorre che scrittura ed oralità in udienza si integrino a vicenda, perché l’una serve a chiarire l’altra, a rendere più efficace la esposizione delle ragioni, ad evitare qualsiasi equivoco: è ancora Chiovenda che parla.

Per questo, se una causa si deve trattare, e non rinviare – ed è un diritto degli avvocati pretenderlo, per il principio dispositivo che permea il processo civile – l’udienza dovrà essere celebrata davanti ad un giudice, non guardandolo attraverso i pixel, spesso confusi, di uno schermo: la vita, la morte, la dignità, la indipendenza delle persone, e le catastrofi economiche, meritano impegno, sacrificio, serietà e rispetto.

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