14 novembre 2020 – La seconda ondata della pandemia non ha preoccupato più di tanto chi doveva garantire il funzionamento della giustizia civile: si è deciso che bastava permettere di restare a casa ai giudici che devono fare udienza da remoto o camera di consiglio, ed ai coniugi che vogliono separarsi. Non si è ritenuto, invece – ad esempio- di disciplinare le situazioni di contagio, quarantena ed isolamento fiduciario: de minimis, non curat praetor. Per il contenzioso “cartolare” in Tribunale ed in Corte di appello, si confida – a questo punto, spero con ragione – nell’arrivo dei nuovi computer che dovrebbero consentire il collegamento da remoto del personale di cancelleria, e quello dinnanzi ai giudici di pace, come di consueto, è stato abbandonato al suo destino: speriamo che se la cavi.
Molti italiani sono già nel secondo lockdown, ma di sospendere i pagamenti all’Erario, spesso accumulati dal primo, non se ne parla nemmeno, ed anzi ieri il Ministro dell’Economia ha lanciato un severo monito: “i conti dello Stato sono a rischio!”. Sapesse i miei.
È evidente che il presente ci ha colto impreparati, tutti, e le polemiche non servono: adda passa’ a’ nuttata, e conviene pensare al futuro.
I tempi della giustizia civile si misurano in mesi, non in settimane: non è il caso di cominciare a discutere di cosa vogliamo salvare, di questo diritto processuale dell’emergenza, e cosa invece buttare via insieme ai brutti ricordi del passato? C’è qualcosa che si può conservare, ma va modificato? Qualcuno è riuscito a capire se il giudice che abbia disposto la trattazione cartolare abbia l’obbligo di accogliere la richiesta di un avvocato di fare udienza in presenza, oppure può anche respingerla?
E che fine hanno fatto, quei progetti che l’Europa chiama “Next generation eu”, ed i nostri giornali “Recovery plan”?
Sono stati stanziati duecento miliardi, ed indicati quattro obiettivi principali, tra i quali la giustizia: si dedicheranno ad essa cinquanta miliardi? E come si pensa di spenderli? Si stanno studiando riforme epocali, destinate finalmente a coniugare, grazie alla immissione di risorse, equità ed efficienza di quella giustizia civile che è un volano imprescindibile di una futura ripresa economica, oppure si pensa ad una distribuzione a pioggia, per comprare quanti più consensi è possibile?
Del presente, non condivido molto di quello che (non) è stato fatto; ma ho raggiunto l’età in cui si diventa giovani, e quindi ci si deve occupare del futuro, più che preoccupare del passato.
Sopravviverò – o, almeno, cercherò di farlo – al blocco dei server della giustizia, allo smart working all’amatriciana del personale di cancelleria, alla sospensione delle attività economiche di mezza Italia non seguita da quella dei pagamenti al fisco ed alla previdenza.
Ma vorrei che queste settimane (mesi?) di chiusura venissero dedicate ad una adeguata preparazione dell’ultima opportunità di una riforma seria della giustizia, finanziata dall’Europa con i soldi nostri: non facciamoci cogliere impreparati anche dal futuro, dopo che ci siamo cascati con il presente.
Antonio de Notaristefani