16 dicembre 2020 – Non sono mai stato un fanatico della mediazione, forse per la mia storia professionale: ero al banco dei difensori, in Corte costituzionale, in quell’ottobre del 2012, quando la prima versione della media conciliazione cadde, condannata dalla miopia di chi la aveva voluta – per concretissime ragioni, si vociferava all’epoca – ad un tempo obbligatoria, onerosa, ed irrispettosa del diritto di difesa. Lo strumento attuale è molto diverso. Mi infastidisce il balzello che bisogna pagare comunque, se non si vuole aderire, lo snobismo, un po’ ipocrita e un po’ altezzoso, di chi sostiene che la obbligatorietà va mantenuta perché i cittadini non sarebbero in grado di valutarne da soli la convenienza, e certe interpretazioni praeter (se non contra) legem di alcuni giudici che pretendono di continuare ad imporre quell’obbligo di aderire che il Legislatore ha soppresso (ed è stata proprio quella soppressione che ha indotto il Consiglio di Stato a non rimettere di nuovo la questione della obbligatorietà alla Corte) ma lo strumento è molto diverso. Obbligatorietà ed onerosità sono attenuate, ed il diritto di difesa è rispettato. E, forse, le conseguenze della pandemia effettivamente potrebbero suggerire di anticipare quell’obbligo di rinegoziare in buona fede che già si intravedeva sullo sfondo di alcune riforme. Allora, mi e’ venuto da chiedermi: se il progetto del Recovery plan per la giustizia prevede la assunzione a termine di 11.000 persone, perché non reclutarne un certo numero che, oltre che esperti di diritto, lo siano anche di mediazione, dando nuova linfa all’art. 185 bis, magari prevedendo un incentivo per ogni conciliazione raggiunta? Le parti ne sarebbero contente – un cattivo accordo, si sa, è sempre meglio di una causa vinta – l’effetto deflattivo sarebbe moltiplicato, la cultura della mediazione si diffonderebbe. Finiti i fondi del Recovery, resterebbe il cambiamento culturale, e ad una mediazione finalmente apprezzata dai cittadini potrebbe essere restituita la sua vera natura, che è quella di essere su base volontaria: non lo dico io, lo dice l’Europa.
Antonio de Notaristefani