CHE FINE HA FATTO IL RECOVERY PLAN?

Nel suo discorso di presentazione al Senato, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha sottolineato l’importanza che la giustizia civile può avere per la ripresa di una economia ridotta come la nostra. Ne siamo convinti tutti: in una fase come quella che ci aspetta, la giustizia civile avrà un’importanza centrale sotto due profili diversi. Il primo, e forse il più ovvio, è quello di far da volano dell’economia: se la giustizia civile non funziona, i cittadini lasceranno i loro soldi sul conto corrente, piuttosto che fare investimenti stipulando contratti di cui non è possibile imporre il rispetto. Il secondo è forse meno evidente, ma di certo non meno importante: la giustizia civile serve a garantire la equità dei rapporti sociali, e in un momento in cui la pandemia ha messo a rischio la coesione sociale di quella equità c’è più bisogno che mai. Per questo, da quando ne ha parlato il Presidente Draghi, della giustizia civile discutono tutti (anche se forse non sempre con cognizione di causa). Tutti, direi, tranne il Governo in carica, che mi pare stia mantenendo un rigoroso riserbo: il progetto per la giustizia civile contenuto nel piano nazionale di ripresa e resilienza, sul quale si è cominciato a discutere dinnanzi alla Commissione giustizia del Senato, resterà così com’è, oppure subirà delle modifiche? E se si, quali saranno? E formeranno oggetto di un confronto, oppure no? Naturalmente, io capisco la necessità di riflettere; ma quel progetto circolava da tempo, ed in fondo si compone di poche facciate: possibile che non se ne sappia nulla? Apprezzo anche la sobrietà della comunicazione: il cicaleccio continuo su quel che sia ha intenzione di fare, piuttosto che su quel che è stato fatto, non aiuta. Ma un progetto di riforma della giustizia civile non è soltanto uno strumento tecnico, che può essere discusso e deciso nelle chiuse stanze di un ministero esclusivamente dalla burocrazia che da sempre ne mantiene saldamente il controllo. È una scelta politica, che deve garantire davvero la eguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge, e le pari opportunità di accesso alla giurisdizione. Per questo, deve tenere conto delle esigenze di investimento delle imprese, ma anche della domanda di giustizia di chi vuole colmare il suo svantaggio iniziale. E per questo, deve fornire gli strumenti tecnici corretti non solo per agevolare gli investimenti, ma anche per raggiungere l’obiettivo indicato da Papa Francesco, che ci ha ammonito che nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima, se finiscono con il produrre più diseguaglianza.
Antonio de Notaristefani

Share