LA GIUSTIZA CIVILE TRA RIPRESA, EQUITA’ ED EFFICIENZA

Gentile Direttore,
Parlando al Senato, il Presidente Draghi ha ricordato l’importanza della giustizia civile per agevolare la ripresa, precisando che bisogna puntare a un processo giusto e in tempi ragionevoli, e sottolineando poi le esortazioni UE all’efficienza. Vale la pena ricordare che, per una volta – forse nella ricerca di un difficile equilibrio – l’idea della giustizia del processo è venuta prima di quella della sua efficienza.

Effettivamente, l’equilibrio tra equità ed efficienza dei procedimenti civili non è facile a trovarsi, e non sono nemmeno certo che sia mai stato cercato davvero.

La business community ha una visione improntata al pragmatismo: se l’offerta di giustizia è limitata e non può essere incrementata per carenza di fondi, bisogna ridurne la domanda aumentando i costi di accesso, comminando sanzioni, scoraggiando cause inutili. Per le imprese – non del tutto a torto – quel che conta è l’efficienza del sistema giustizia, e l’eventuale ingiustizia che dovesse verificarsi in singoli casi costituisce il costo sociale da pagare nel prevalente interesse di tutti.

Noi avvocati, invece, la giustizia la misuriamo in termini umani. Per noi, ogni processo racconta la storia della vita (familiare, lavorativa, sociale) di una persona reale: quando si perde, soffriamo insieme a lei e, se avvertiamo che la sconfitta è stata ingiusta, la sofferenza si trasforma in indignazione. Per dirla con Papa Francesco, «nessuna sentenza può essere giusta, nessuna legge legittima, se ciò che genera è più diseguaglianza». Abbiamo, tuttavia, le nostre colpe, bisogna ammetterlo: convinti che il PIL non possa misurare l’equità dei nostri Tribunali, abbiamo talvolta ricercato la giustizia del caso singolo a scapito dell’effettiva tutela di tutti, tollerando che si accrescesse la diseguaglianza tra chi può aspettare anni per avere una sentenza e chi no.

Che fare, dunque, oggi che è chiaro a tutti che, per ripartire, occorrono processi civili non solo giusti ma anche rapidi?

Innanzitutto, il primo passo dovrebbe essere quello di riconoscere le ragioni dell’altro: bisogna rendersi conto che la giustizia, per poter essere davvero tale, deve trovare un ragionevole equilibrio tra le esigenze dell’equità e quelle dell’efficienza, tra la necessità di una sentenza pronta e l’aspirazione a una sentenza giusta. Non è un obiettivo impossibile: se ben gestito, infatti, l’afflusso di risorse europee permetterà di aumentare l’offerta di giustizia, e lo slancio, anche solidaristico, che sempre si accompagna a qualsiasi ripresa, potrà moltiplicarne gli effetti.

In secondo luogo, a guidare la ricerca di tale equilibrio sarà un Presidente emerito della Corte costituzionale: quella sintesi di etica, politica e diritto in cui si sostanzia il giudizio di costituzionalità è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per riformare la giustizia civile.

Infine, si discute per la prima volta di abbandonare i vincoli del patto di stabilità e di sostituirli con la valutazione sulla sostenibilità di un investimento. Si ipotizza, cioè, non più di regolamentare il presente, ma di progettare il futuro: quello dei nostri giovani, che saranno costretti a pagare il prezzo della pandemia e che saranno chiamati a ricostruire quella ricchezza che la crisi ha distrutto. A loro, non dobbiamo consegnare semplicemente una riforma del processo, bensì l’idea di una riorganizzazione complessiva della giustizia civile, che sia libera dalla zavorra degli errori del passato e capace di contemperare le esigenze di tutela della dignità e indipendenza del cittadino con quelle di efficienza delle imprese.

Draghi avrà le risorse economiche e il consenso per farlo: se non ora, quando?

Avv. Antonio de Notaristefani di Vastogirardi
Presidente Unione nazionale delle Camere civili – UNCC

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