La nostra Carta costituzionale era l’espressione di una società solidale, che non lasciava soli i più deboli nei momenti di difficoltà. Per questo, diciannove dei suoi articoli cominciavano con la parola “tutti”: era il modo più efficace per esprimere quell’obiettivo, affidato anche all’art. 24. Tutti possono agire in giudizio.
Poi, si sa, nel mondo della giustizia la domanda ha sopravanzato l’offerta, e nella solita logica emergenziale che qui da noi impera invece di aumentare questa si è cercato di comprimere quella, facendo lievitare i costi di accesso. In fondo, è più facile aumentare il contributo unificato che tassare gli illimitati profitti dei giganti dell’e-commerce.
Un po’ alla volta, è cambiata la visione che si aveva della funzione della giustizia civile: strumento non più di tutela della dignità e della indipendenza delle persone, ma di incremento di quel prodotto interno lordo che misura molte cose, ma di certo non la equità dei nostri Tribunali, o dei nostri rapporti sociali. Mi ha colpito, leggere nel parere che il CSM ha licenziato sull’ultimo progetto di riforma un chiaro avvertimento sui pericoli cui era esposto il diritto di difesa dei cittadini, e poi conclusioni favorevoli. Mi illudevo che il metro di valutazione della disciplina dei processi fosse proprio le tutele che assicurava, ma evidentemente sbagliavo. Altri tempi.
C’è ovviamente del vero, nel pensiero di chi crede che, se si aumenta la ricchezza complessiva, si sta meglio; ma se contemporaneamente si approfondiscono le diseguaglianze nella sua distribuzione staranno meglio soltanto alcuni: rendere pericoloso e complesso (cito ancora dal parere del CSM) l’accesso alla giustizia non è un modo per far sì che sia eguale per tutti.
La verità, è che c’è una incompatibilità di fondo tra chi crede che la giustizia civile debba produrre ricchezza e chi vorrebbe che generasse equità.
Parlo ovviamente di Papa Francesco, che ha proclamato che “nessuna sentenza può essere giusta, se crea più diseguaglianza”. Non so cosa ne pensa di preclusioni, decadenze, e quant’altro la fantasia degli studiosi ha escogitato per far sì che la legalità possa divergere dalla giustizia, ma nel migliore dei mondi possibili mi piacerebbe che la prossima Commissione ministeriale la presiedesse Lui.
Antonio de Notaristefani