GREEN PASS E LEGITTIMO IMPEDIMENTO

È partita la polemica sull’ultimo decreto legge, che impone il green pass agli avvocati per poter partecipare alle udienze, nella convinzione che sia stato escluso che lo stato di contagio configuri legittimo impedimento. La formulazione della norma, come quasi sempre accade in Italia, indubbiamente non è felice, e sicuramente qualcuno che la interpreterà nel modo più assurdo possibile non mancherà. Ma a me sembra che vi sia un’unica interpretazione che sia, nello stesso tempo, possibile e ragionevole, e quindi costituzionalmente obbligata: ed è quella secondo cui il mancato possesso o la mancata esibizione del green pass da solo non sia legittimo impedimento, ma possa invece diventarlo se dipende dallo stato di contagio. Forse, anzi, quella norma a questo serve: a stabilire che, a differenza di quanto accade per molte altre patologie, il contagio da Covid costituisce impedimento legittimo. In un situazione come quella attuale, nella quale la capacità di contagio della nuova variante è altissima, mi sembra infatti evidente che l’alibi della facoltà di delega non regge: come faccio a delegare qualcuno, se siamo ammalati o in quarantena io e tutti quelli che lavorano con me? E del resto, se il Legislatore ha espressamente escluso come causa di impedimento il mancato possesso del green pass, ma non anche lo stato di contagio, qualcosa vorrà dire: ubi lex voluit, dixit, ubi tacuit, noluit. Per questo, non mi fascerei la testa prima ancora di essermela rotta: propugnare le interpretazioni più ragionevoli di norme a volte oscure è quello che facciamo da sempre, continuiamo a farlo. Piuttosto, la oscurità (anche) di questa disposizione dovrebbe indurre qualcuno a riflettere sulla opportunità di inserire in qualche ufficio legislativo chi è abituato a valutare gli effetti pratici delle leggi, invece che soltanto persone che ne danno una interpretazione astratta. Ma questo è un altro discorso, e ci portebbe lontano.
Antonio de Notaristefani

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