LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO TRA NORME E COMPORTAMENTI

Serietà dei comportamenti, credibilità della magistratura, ed efficienza della giustizia si condizionano reciprocamente: se si vuole che il sistema funzioni, deve essere valorizzato il merito, non la affiliazione. E quindi quella credibilità è problema che riguarda gli utenti della giustizia, prima ancora che i giudici: per questo, spiace aver dovuto constatare che è stato gestito come se si trattasse di una questione interna. È così che una categoria si trasforma in casta. Ma è apprezzabile lo sforzo di affrontarlo oggi, come lo è la decisione di non porre la fiducia, che spero dovuta ad una convinta adesione al recente monito del Presidente della Repubblica. La sensazione, ad una prima lettura degli emendamenti governativi, è che si tratti di una riforma “timida”: un primo passo, ma siamo lontani da quella rigenerazione etica indicata come necessaria dallo stesso Presidente. Non credo possa giustificare tanta cautela il timore di una possibile incostituzionalità. Il giudizio di costituzionalità è una sintesi di etica, politica e diritto (lo testimonia la composizione della Corte) non una valutazione soltanto tecnica: difficile, che venga demolito per intero un intervento incisivo che l’intero corpo sociale avverte da tempo come ormai necessario. E poi: da quando la Corte costituzionale ha individuato la categoria della incostituzionalità ad efficacia differita, i pericoli si sono attenuati. Per questo, forse un po’ di coraggio in più non avrebbe guastato. Chissà che non riescano a darselo quei non pochi magistrati che, avendo chiesto di affidare la scelta alla sorte, credo abbiano voluto testimoniare l’insofferenza per un sistema di potere, piuttosto che esprimersi su di una disciplina elettorale: per restituire credibilità ad una categoria occorre cambiare i comportamenti, prima ancora che le norme.
Antonio de Notaristefani

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