LIBERALIZZAZIONI E LIBERISMO

Poco più di vent’anni fa, abbiamo vissuto la stagione delle liberalizzazioni. Le tariffe hanno smesso di essere quello che erano sempre state – e cioè un modo per redistribuire in base a criteri equitativi il costo di un servizio, quale che esso fosse, in maniera da tutelare i più deboli – e si sono trasformate nel simbolo della sopraffazione.
L’idea di fondo era che se si fosse lasciato il mercato libero di autoregolarsi, si sarebbe raggiunto il massimo della efficienza, e quindi della ricchezza prodotta. In pratica, la convinzione era che gli spiriti animali del capitalismo avrebbero incrementato talmente il benessere che, alla fine, tutti ne avrebbero beneficiato, chi più chi meno.
All’inizio, probabilmente, sembrava anche funzionare, almeno in alcuni settori: non c’è dubbio che le liberalizzazioni hanno abbattuto i prezzi, e consentito la diffusione, ad esempio, dei cellulari.
Noi avvocati l’abbiamo pagata cara: la soppressione delle tariffe ha portato alla diffusione di convenzioni sui compensi che ci hanno sottratto, nello stesso tempo, reddito e dignità. Ovviamente, non è interessato a nessuno, e nemmeno interessa: lo dimostra il fatto che la legge sull’equo compenso (per quanto sicuramente perfettibile) è finita su un binario morto, senza che nessuno sia riuscito a capire esattamente perché. Semplice disinteresse, probabilmente, più che astuti calcoli politici. Peccato. Adesso, però, il problema delle tariffe è esploso in tutta la sua drammaticità: la gente non ha i soldi per pagare le bollette, mentre chi controlla le forniture sta accumulando profitti immensi, e sembra tassati in misura soltanto parziale, se non addirittura irrisoria. È giusto, tutto questo? È ovvio che no. E infatti il Governo si è mosso: ha chiesto di introdurre, a livello europeo, un price cap per il gas. Non sono del tutto certo di aver capito bene, ma credo che la traduzione corrente di price cap sia “tetto al prezzo”. Una tariffa, in pratica. Come quella che vorremmo noi avvocati, e che vorrebbero quelli che hanno difficoltà oggi a pagare le bollette. Ben venga il decreto aiuti bis, ter o quater, ovviamente. Ma debbo confessare che ho qualche difficoltà a trovare giusto che chi vive di uno stipendio appena dignitoso, di una pensione spesso insufficiente, o di compensi modestissimi, debba subire anche l’umiliazione di tirare avanti grazie agli aiuti pubblici, per consentire a qualche monopolista di accumulare risorse illimitate, e spesso almeno in parte sottratte al fisco. Perché non prendere atto che il liberismo sfrenato ha i suoi limiti, che il mercato è uno strumento di regolazione dell’incontro tra domanda ed offerta, non un totem, e che l’espressione mercato libero significa non un mercato senza regole, ma un mercato in cui regole eque consentono a tutti di operare liberamente? Si può fare, da quel punto giuridico di cui noi avvocati ci occupiamo? Nel dubbio, sono andato a controllare lo stato della giurisprudenza costituzionale: ed ho scoperto che, nel 2018, la Corte ha deciso che è possibile stabilire in Italia delle tariffe minime per i trasporti per conto terzi, perché in questo modo si garantisce ai trasportatori un guadagno sufficiente ad assicurare la efficienza dei loro mezzi, e con essa la sicurezza dei trasporti. Mi sembra giusto. Ma mi viene da chiedermi: la sicurezza dei trasporti conta più della qualità della giurisdizione che le tariffe professionali degli avvocati, secondo le sentenze della Corte Ue (valga per tutti il famoso caso Cipolla) servivano ad assicurare? E che dire di quel costo di gas ed energia, senza i quali oggi non è possibile sopravvivere? Forse, è venuto il momento di cominciare a difendere i cittadini non solo nelle aule di giustizia, ma anche fuori: e se il recupero delle tariffe venisse chiesto per tutti, avvocati compresi?

Antonio de Notaristefani

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