Giustizia: per Parlamento Ue Italia modello su mediazione

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(AGI) – Roma, 16 gen. – Accrescere il numero di mediazioni, che resta a un livello inaccettabilmente basso in area Ue: meno dell’1% delle azioni civili avviate, con la sola eccezione dell’Italia. E’ l’auspicio espresso nello studio dell’Europarlamento sull’attuazione della direttiva in materia di mediazione delle liti civili e commerciali, che sara’ presentato lunedi’ a Bruxelles e di cui sono state date delle anticipazioni durante il convegno alla Camera ‘La Mediazione in Europa e in Italia’. Da Strasburgo, l’europarlamentare Arlene McCarthy, vicepresidente della Commissione Affari Economici e Monetari, ha gia’ inviato comunicazioni formali di congratulazioni al Governo italiano, e in particolare al ministro Annamaria Cancellieri, per avere creato un modello di mediazione, a quanto risulta, “da cui l’intera Unione europea deve imparare”. Nello studio del Parlamento di Strasburgo – spiega una nota del ministero della Giustizia – oltre 800 esperti in rappresentanza di ciascuno dei 28 Stati membri hanno valutato non solo l’estensione del mercato della mediazione nei rispettivi Paesi, ma anche la capacita’ del quadro normativo di favorire il ricorso all’Adr, secondo quanto richiesto dall’articolo 1 della Direttiva sulla mediazione del 2008. Gli esperti sono stati anche chiamati a indicare le politiche del diritto piu’ auspicabili per accrescere il numero di mediazioni, che resta a un livello “inaccettabilmente basso in area Ue: meno dell’1% delle azioni civili avviate, con la sola eccezione dell’Italia”. Lo studio conferma poi una precedente ricerca del 2011, sempre condotta per il Parlamento Europeo, in base alla quale la mediazione, se esperita prima dell’avvio di qualsiasi azione civile, con un tasso di successo anche solo del 30%, genererebbe comunque risparmi complessivi di tempo e di denaro per gli utenti e per l’intero sistema. Il motivo di tale efficienza, pur a percentuali di successo cosi’ modeste (che peraltro sono in media assai maggiori), deriva dal fatto che il costo incrementale della singola mediazione fallita, destinato ad aggiungersi a quello del successivo processo civile, e’ di gran lunga inferiore al risparmio della singola mediazione di successo, cui non seguira’ alcun processo. Il modello italiano di “mediazione obbligatoria mitigata”, grazie al meccanismo del ‘opt-out’, ossia la possibilita’ di abbandonare la procedura nel corso del primo incontro con il mediatore, riscuote di gran lunga il maggior numero di consensi, in tutta l’Unione. Al secondo posto, la previsione dell’obbligatorieta’ del tentativo di conciliazione (ma senza possibilita’ di ‘opt-out’ al primo incontro) in talune materie. Lo studio raccomanda pertanto una modifica delle normative nazionali sulla mediazione, o della stessa Direttiva europea. In alternativa, a legislazione comunitaria invariata, lo studio suggerisce di utilizzare la teoria dell ‘indice di relazione equilibrata’ tra mediazione e processo, gia’ invocata dal Parlamento Europeo a fine 2012. In base a questa teoria, violerebbero la Direttiva del 2008 tutti gli Stati membri che omettessero di fissare una soglia minima di casi da avviare alla mediazione o che, avendo fissato tale soglia, non la raggiungessero. Nel rispetto del principio comunitario della sussidiarieta’, ciascuno Stato membro potra’ scegliere le politiche del diritto preferite per raggiungere la equilibrata relazione tra processi e mediazioni; in mancanza di risultati concreti e misurabili sul versante del numero delle mediazioni ogni anno, la Direttiva andrebbe comunque considerata come non rispettata da quello Stato, su cui graverebbe pertanto un obbligo immediato di potenziare tali politiche.

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