DEL PRIMO INCONTRO DI MEDIAZIONE, DEL CREDITO DI IMPOSTA, E DELLA SUA GRATUITÀ

Confesso che la diatriba sulla utilità della mediazione non mi appassiona più: ho combattuto contro quella del 2010, dinnanzi al Tar del Lazio, al Consiglio di Stato ed alla Corte costituzionale, dove cadde condannata dalla miopia di chi l’aveva voluta ad un tempo obbligatoria, onerosa ed irrispettosa del diritto di difesa. Quella attuale è diversa, e dal mio punto di vista pure molto: si potrà discutere della sua utilità (e non intendo farlo: ognuno sbandiera le sue statistiche, che mi ricordano la storia del mezzo pollo per ciascuno) ma credo che nessuno possa seriamente sostenere che il diritto di difesa sia leso ancora oggi. Neppure i tempi sono un problema insormontabile: dal sito del ministero rilevo che la durata media è di 172 giorni, ai quali si può sopravvivere. Il punto delicato sono i costi, perché coloro che non sono convinti della sua utilità si irritano molto a dover pagare il gettone previsto per il primo incontro. Per questo, quando ho letto nella relazione della Commissione ministeriale (pag. 21) che si stava introducendo un credito di imposta in modo che il primo incontro potesse essere reso totalmente gratuito mediante la deducibilita’ del relativo costo, mi sono detto: questo metterà d’accordo tutti, finalmente! Come si fa ad opporsi ad una estensione dell’obbligo di fare il primo incontro, se questo è reso gratuito? Io mi detraggo quel che pago, e decido liberamente se proseguire oppure no: questa, è democrazia! Sembrava l’uovo di colombo, ma non lo è: in cauda, venenum. Il paragrafo sulla mediazione, iniziato così in modo da strappare gli applausi, si conclude con un articolato, che prevede le modifiche da apportare all’articolo 20 del decreto legislativo 28/2010. Il testo prevede che: 1) il credito di imposta è riconosciuto soltanto “in caso di prosecuzione oltre il primo incontro”. E quindi non è vero che il primo incontro è gratuito: potrebbe diventarlo se uno decide di proseguire, altrimenti no. Attenzione: potrebbe diventarlo, ma non necessariamente lo diventa, perché quel credito sarà riconosciuto “nel limite di spesa di XX milioni di euro annui”. La norma prosegue: “il Ministero della giustizia comunica all’interessato, entro il 30 aprile di ciascun anno successivo a quello di corresponsione della indennità, l’importo del credito di imposta effettivamente spettante in relazione ai procedimenti conclusi determinato in misura proporzionale alle risorse stanziate..”. Si paga oggi, e dopo un anno si sa se si ha diritto ad un credito di imposta, ed in quale misura: tutto dipende da cosa significa XX, e quindi da se e quanto sarà stanziato di anno in anno. Per carità, capisco che esistono le esigenze della finanza pubblica, e che prima o poi ci verrà imposto il ripristino del patto di stabilità; ma la credibilità di uno Stato si fonda sulla onesta’ del patto con i cittadini. Se quel credito di imposta deve essere riconosciuto – e siamo tutti d’accordo che è necessario farlo- datelo e basta, senza condizionare la effettività del beneficio ad una determinazione discrezionale da adottarsi un anno dopo, secondo criteri imperscrutabili quanto il fato, oppure non promettete quel che non siete certi di potere mantenere. E’ pubblicità ingannevole, questa.
Antonio de Notaristefani

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