IL RAPPORTO CENSIS, E LA SOGLIA DELLA POVERTÀ

Come molti, ho letto il rapporto censis sull’impatto della pandemia sulla professione.
Mi hanno colpito due aspetti. Il primo, in positivo: il 35% dei cittadini ha risposto che considera la riforma della giustizia la prima cosa da fare perché l’Italia possa uscire dalla crisi economica. Se si pensa che al secondo posto vengono indicati lavoro, salute e scuola, il dato è confortante: l’importanza della giustizia non è una illusione degli addetti ai lavori.
Il secondo è drammatico: il 70% degli avvocati considera la propria situazione lavorativa abbastanza critica o addirittura molto critica. Al sud e nelle isole si arriva all’80%, ed il 43,2% ritiene che vi sia poco lavoro, ed il futuro professionale sia incerto.
Sono numeri che fanno spavento, e che inducono alla riflessione sulle priorità: se il 70% di una categoria è in crisi, in larga misura profonda, il problema non è individuale ma collettivo, e quei colleghi stanno pagando per colpe che non sono loro. Bisogna fare qualcosa. E credo che il piano nazionale per l’investimento dei fondi europei sia l’occasione giusta per farlo. Fino ad oggi, l’obiettivo delle varie proposte era quello di assicurare il maggior ritorno in termini di effettività della tutela. Ma la nostra Costituzione impone il dovere di solidarietà, che significa non lasciare soli i più deboli nel momento del bisogno. Forse, è necessario che quel piano recepisca quella esigenza di solidarietà, e offra ai colleghi la opportunità di contribuire a quella riforma della giustizia che i cittadini mettono al primo posto per garantire la ripresa: se davvero si vuole ripartire, bisogna restituire a tutti la speranza nel futuro.
Antonio de Notaristefani

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