COMUNICATO STAMPA
Il 30/3/2019 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo nel quale, intervenendo a un incontro dell’associazione Rousseau, il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, avrebbe dichiarato che sarebbero allo studio del Ministero forme di uso dell’intelligenza artificiale.
L’Unione Nazionale delle Camere Civili non può che stigmatizzare il fatto che l’annuncio dello studio di questo progetto sia stato comunicato in una sede non istituzionale e senza aver preventivamente consultato l’Avvocatura su un punto più che centrale dell’ordinamento, dimostrando dunque una preoccupante attitudine a ignorare quel principio di trasparenza che invece è fondamentale.
L’Unione Nazionale delle Camere Civili ha dedicato al tema dell’intelligenza artificiale un Congresso nel 2018 e quindi non ignora il mutamento tecnologico e le sue esigenze. Parlare però di intelligenza artificiale in modo generico e senza tenere conto dei molteplici problemi che la sua applicazione potrebbe portare nelle diverse forme di processo che trovano posto nel nostro ordinamento non è accettabile.
L’avvicinamento all’uso di questi strumenti deve essere improntato alla massima cautela perché incidono sui diritti costituzionali delle persone, e non solo sull’efficienza del sistema giudiziario. La necessaria verificabilità delle decisioni giudiziarie, attraverso lo strumento della motivazione garantisce l’aderenza delle valutazioni del giudice, cioè di una persona, ai principi e alle norme del nostro ordinamento, e che lo stesso abbia analizzato e preso in considerazione i fatti; il tutto nel rispetto dei cardini del giusto processo.
La sfida che l’intelligenza artificiale pone al sistema giudiziario è dunque anzitutto etica: se sia possibile cioè che il giudizio sulle persone sia affidabile a una non-persona e in che limiti ciò possa avvenire, e dunque valutare attentamente anche solo le modalità di selezione dei precedenti o dei dati rilevanti che il sistema di “ricerca intelligente” prospettato dal ministro possa utilizzare, modalità che dovranno essere, ancora una volta verificabili perché la selezione e la ricerca influiscono sulle decisioni.
Non si può che auspicare dunque un mutamento radicale nell’approccio al tema in questione.
Roma, 5 aprile 2019