Leggo da più parti che molti professionisti (non solo avvocati) per lo più giovani stanno abbandonando la loro attività, per entrare nella pubblica amministrazione. In Italia, in fondo, è sempre stato così: il vero ammortizzatore sociale, qui da noi, è l’impiego pubblico. Ma quello che sta accadendo non è giusto.
Negli ultimi decenni, c’è stato un totem che ha orientato tutte le scelte, e che non poteva essere discusso: il mercato. In nome del mercato, sono state esodate decine di migliaia di persone, rimaste senza stipendio e senza pensione, si sono privatizzate le autostrade, si sono soppresse le tariffe, si sono rinchiusi migliaia di giovani in un recinto di speranze senza sbocco, si è consentita la stipula di convenzioni infami che hanno sottratto ai professionisti, nello stesso tempo, reddito e dignità.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Era inevitabile che finisse così, del resto: il mercato è il luogo dell’utile, non quello del giusto, e non può essere abbandonato alla legge del più forte.
Mercato libero non significa un mercato senza regole, ma un mercato in cui regole eque e giuste garantiscono a tutti la stessa libertà di operare, e quindi le stesse opportunità. E chi sgarra, paga.
Non mi pare che da noi sia andata così. E non mi pare nemmeno che la selezione che si sta profilando, per quanto spietata, possa garantire un miglioramento del livello qualitativo della categoria: al nostro interno c’è un serio problema di meritocrazia. Stanno vincendo i più forti, che non sono necessariamente i migliori.
Temo che il trend oggi non sia reversibile: non ne abbiamo il tempo, e nemmeno la possibilità, data la situazione economica generale. Ma bisogna evitare di ripetere quello che è stato indiscutibilmente un errore: non si possono sacrificare le speranze e le aspettative di migliaia di professionisti ad ogni generazione, e una professione liberale che rivendica la propria funzione sociale deve sapere garantire al proprio interno l’ascensore sociale.
La legge del più forte ha fallito, e ci vogliono nuove regole, che siano giuste. Numero programmato, specializzazioni, reintroduzione dei minimi tariffari, regolamentazione di nuovi settori e nuovi mercati: quale che sia la soluzione, funzionerà solo se sapremo garantire le stesse possibilità a tutti coloro che le meritano. Credo sia questa, la sfida per il futuro: trasformare la crisi in un’opportunità.
Antonio de Notaristefani