LA MACCHINA CHE VINSE LA GUERRA

Come tutti, ho assistito al dibattito che si è andato sviluppando tra apocalittici e integrati intorno ad Alexa: riuscirà oppure no, a mandarci in pensione tutti quanti?
Per chiarirmi le idee, sono andato a rileggermi un delizioso racconto di Isaac Asimov, il cui titolo ho trascritto sopra: in mezza paginetta, e con un sorriso, mi ha convinto che le risposte che darà Alexa a chi la interroga sulle previsioni della legge, varranno quanto varranno i dati che le verranno forniti. Ma in ogni caso quella macchina potrà forse prevedere su base statistica l’esito di un giudizio, ma non fara mai l’avvocato.
L’equivoco di fondo, forse, è questo: c’è chi crede che un avvocato si limiti a formulare al cliente una previsione del futuro basata sulle esperienze passate, oppure a riportare in causa i fatti evidentemente favorevoli al suo cliente, e poi il giudice applica la legge.
Mi rendo conto che in un momento in cui si propone di sanzionare pesantemente chi dovesse cercare di non attenersi allo stare decisis una ipotesi del genere può piacere, perché magari potrebbe consentire di smaltire rapidamente la domanda di giustizia, o addirittura di impedire che si crei. Ma non funziona cosi’: il diritto di difesa è un’altra cosa. Consiste, in primo luogo, nell’individuare quei fatti che, apparentemente irrilevanti in una prospettiva tradizionale, possono essere invece determinanti in una lettura nuova, che spetta all’avvocato di proporre. Chi l’avvocatura l’ha praticata davvero, conosce lo sforzo incessante del difensore che lima la sua difesa senza soste, nella ricerca spasmodica della parola più appropriata, della espressione più efficace, della sintesi più brillante. Lo fa per convincere un giudice, certo. Non per ampliare i confini del diritto. Ma a volte quel piccolo, anonimo capolavoro riesce a sovvertire letture consolidate di singole disposizioni, o persino di interi istituti. Crea nuove norme. Si illude, chi crede di poter fare affidamento su di un significato letterale della legge, tanto chiaro da consentire una sola risposta che possa essere considerata esatta, e quindi possa essere ricercata da una macchina scavando nel passato. La norma, è il risultato della interpretazione, non il suo oggetto, e si nutre della sensibilità dell’interprete, che muta nel tempo. Quel che era esatto ieri, è opinabile oggi, e magari sbagliato domani.
La giustizia civile governa i rapporti sociali, e deve rifletterne l’evoluzione: non invidio, la debole parte nell’esistenza di chi vorrebbe cristallizzarla in regole immutabili, che questo avvenga sotto la minaccia di sanzioni severe o attraverso la introduzione strumenti di automazione che pssono anche imparare da soli, ma non certo anticipare l’evoluzione dei rapporti sociali, familiari, lavorativi, ecc.
Spetta a noi avvocati non solo garantire quella evoluzione, ma soprattutto guidarla.
Molti anni fa, a Napoli, il Prof. Francesco Paolo Casavola intitolo’ una sua relazione “l’avvocato come leader sociale”. Quel Presidente emerito della Corte costituzionale, ci attribuiva il delicato compito di anticipare e orientare l’evoluzione del diritto civile e con essa quella dei rapporti tra gli esseri umani. Non è il solo, ad avere avuto chiaro quanto delicata sia la funzione di noi avvocati. Ma non vorrei che si pensasse ad una difesa corporativa o ad un rimpianto nostalgico. Per questo- ubi major, minor cessat- taccio io, e lascio parlare la Corte: “l’avvocato non è un mero consulente legale con il compito di pronosticare l’esito della lite e di informarne il cliente…egli ha l’obbligo di proporre soluzioni favorevoli agli interessi del cliente, anche nelle situazioni che richiedono la soluzione di problemi interpretativi complessi, di attivarsi concretamente nel giudizio con gli strumenti offerti dal diritto processuale, indicando strade interpretative nuove, portando argomenti che facciano dubitare delle soluzioni giurisprudenziali correnti e anche della giustizia della legge, sollevando eccezioni di incostituzionalità e di contrarietà con il diritto sjovranazionale, ecc..”.
Ecco , direi che nelle parole della Corte resta scolpita la differenza tra noi ed Alexa: lei potrà forse dare consulenze legali, noi faremo giustizia.

Antonio de Notaristefani

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