Sino ad ora, contro la riforma del processo civile, sia nella sua versione originaria che in quella modificata dall’attuale gestione del Ministero, si erano pronunciati la Associazione degli Studiosi del processo civile e, con un documento congiunto – fatto più unico che raro- Consiglio Nazionale Forense, Organismo Congressuale Forense e Camere civili. Quelle obiezioni sono state lasciate cadere nel vuoto: gli avvocati, sempre loro e la loro fissa delle garanzie! Questo è il momento della efficienza, non dei diritti; se vogliamo i soldi dell’Europa dobbiamo accettare qualche piccolo sacrificio, per avere processi finalmente veloci: poche chiacchiere! Leggo oggi, in un parere licenziato dal CSM il 15 settembre, che: 1) “appare evidente la sproporzione tra l’ambizioso obiettivo indicato nel PNRR, ossia di ridurre di circa il 40% i tempi dei processi civili ed abbattere l’arretrato, e quelle che dovrebbero essere le sole nuove risorse umane immesse nel sistema giustizia..anche sprovvisti di pregresse esperienze professionali, assunti con contratti a termine”; 2) “la semplificazione che ci si propone di introdurre…sembra comunque poco incisiva, posto che gli uffici in sofferenza saranno costretti a rinviare le udienze per la assunzione dei mezzi istruttori e, soprattutto, per la precisazione delle conclusioni a distanza di anni”; 3) “esisterebbe il rischio concreto della lesione del diritto del cittadino alla difesa ed ad ottenere giustizia “; 4) “la finalità della riduzione della durata del processo non debba essere realizzata a discapito del diritto di difesa di ogni parte del processo, nonché posta sostanzialmente a carico delle parti e dei difensori che dovrebbero fare i conti con aggravate responsabilità processuali connesse alla necessità di operare le scelte in un quadro processuali in un quadro difficilmente pronosticabile”; 5) “molto più sensata, nella sua moderazione, appare allora la soluzione alternativa che era stata proposta dalla Commissione Luiso, la quale- conservando nella sostanza la struttura attuale degli atti introduttivi e della udienza ex art. 183, triplice giro di memorie compreso – mirava a consentire al giudice di modulare i termini di cui all’art. 183 comma 6 cpc..”.
Non voglio tirarla troppo a lungo: dopo gli studiosi del processo e gli avvocati, anche il Csm considera sbagliata la riforma in cantiere, e più ragionevole la proposta della Commissione Luiso. La risposta del Ministero è stata rapida e brutale: si imponga la fiducia, per essere certi che la riforma passi così come è. Direi che una scelta del genere costituisce la cartina al tornasole della fondatezza delle critiche mosse da tutti quelli che al processo hanno dedicato la loro vita professionale: se un governo che ha più o meno il 90% dei consensi in Parlamento deve porre la fiducia per fare passare una riforma che dovrebbe costituire l’asse portante del PNRR, significa che ha dovuto fare ricorso alle ragioni della forza, non avendo dalla sua la forza della ragione. Non me ne preoccuperei più di tanto- sopravviveremo, ad un’altra riforma sbagliata – se in ballo non ci fossero tanti soldi, che si rischia di perdere, se non verranno adottate quelle scelte che il CSM, dopo noi avvocati, ha definito “molto più sensate”. Temo non ci si possa illudere troppo, su come andrà a finire: l’effetto annuncio ancora una volta avrà la meglio. Ma il vero problema è un altro: se quelle somme così elevate dovessero andare perse per la caparbietà di un Ministero che si rifiuta di ascoltare, vedere e parlare, chi paga?
Antonio de Notaristefani