LE RIFORME URGENTI, E LE ASSEMBLEE DI CONDOMINIO

6 dicembre 2020 – “Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi, intese ad emendare, a perfezionare; ma le nuove, essendo dettate dall’urgenza di rimediare a difetti propri di quelle mal studiate, sono inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa d’uopo perfezionarle ancora, sicche’ ben presto il tutto diviene un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi; e si è costretti a scegliere la via di minor resistenza, che è di non far niente, e frattanto tenere adunanze, e scrivere rapporti, e tirare stipendi in uffici occupatissimi a pestar l’acqua nel mortaio delle riforme urgenti “ (Luigi Einaudi, Prediche inutili)

 

Gli esempi sono migliaia, ma segnalo solo l’ultimo: una nuova legge (159, del 27 novembre) ha stabilito che, visto che siamo in pandemia, le assemblee di condominio si possono fare in videoconferenza, con il consenso della maggioranza dei condomini (e le quote?). Si è però dimenticata di indicare come dev’essere raccolto quel consenso. Norma di interpretazione autentica, come temeva Einaudi, o Sezioni unite?

Mi e’ tornato alla mente il comma 22: chi è pazzo, può chiedere di essere esonerato dalle missioni; ma chi chiede di essere esonerato dalle missioni non è pazzo.

Viene da domandarsi se chi immagina leggi del genere ha a cuore di preservare la funzione di chi deve interpretarle, oppure semplicemente si disinteressa delle conseguenze, perché l’indifferenza generale glielo permette.

Io lo capisco, che discutere dei condominii e delle loro beghe è molto meno interessante che occuparsi dei grandi temi del diritto e della giustizia; ma la vita dei cittadini è fatta anche, e forse soprattutto, di quelle beghe di condominio, famiglia, lavoro, locazioni, ecc. di cui i media, comprensibilmente, non si occupano: chi se lo legge, un articolo sulle assemblee di condominio?

Io credo però che la crisi di fiducia dei cittadini nella giustizia nasca anche dalla sensazione che quel mondo si affanna intorno a temi che sicuramente sono importanti, ma che poco hanno a che fare con la loro vita: a chi oggi ha perso il lavoro o ha dovuto chiudere la sua attivita’, davvero interessa così tanto della liberazione anticipata per ragioni di salute di alcuni boss?

Se vogliamo recuperarla, quella fiducia, bisogna che il dibattito sulla giustizia ponga al centro le esigenze dei cittadini, e le trasformi in leggi chiare. Noi non abbiamo troppe cause. Abbiamo troppe cause rese inevitabili da leggi scritte male. Come accadeva secoli fa per le Sacre Scritture, oggi la interpretazione delle norme è riservata a chi se ne occupa per mestiere: non riesce a capirci niente il cittadino, di solito, ed a volte nemmeno noi.

Forse, in questo noi avvocati potremmo tornare utili.

Da tempo, la funzione della professione forense non è più soltanto quella della intermediazione tecnica tra i cittadini e la giustizia, al momento delle liti. Abbiamo imparato a prevenirle, quelle liti, suggerendo pattuizioni chiare o accorgimenti per evitarle: perché non sfruttare una capacità del genere nell’attività di produzione di leggi?

 

Antonio de Notaristefani

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