SIGNORA MINISTRA, MI DISPIACE: COSÌ IO NON CI STO

Gentile Sig.ra Ministra, come tutti i partecipanti al Congresso ho ascoltato, e in molti passaggi apprezzato, il Suo intervento. Finalmente al DIGSIA un tecnico: l’epoca dei dilettanti è finita da un pezzo. Le elimini davvero, quelle sanzioni processuali brutali che Le hanno suggerito di quantificare per limitare possibili abusi dei magistrati: se Le dico che i magistrati dell’art. 96 non hanno mai abusato, mi creda. Molto empatico il passaggio in cui ha chiesto a noi avvocati di stare tutti al Suo fianco. Persuadeva. Se magari in questi mesi avesse chiamato al Suo fianco anche qualcuno di noi, invece che soltanto magistrati e professori universitari che non mi è capitato spesso di incontrare nelle aule di quei giudici di pace la cui competenza oggi Le consigliano di aumentare in maniera abnorme, mi avrebbe anche convinto, ma tant’è. Meglio tardi che mai, e se per caso dovesse decidere di adottare per il processo civile quella proposta A suggerita dalla Commissione che Lei ha nominato, volentieri mi schiererei al Suo fianco, e plaudirei alle Sue scelte, anche se diverse dalle mie: la responsabilità politica di privilegiare la efficienza rispetto alla equità spetta a Lei, e quella proposta effettivamente può rendere il processo più veloce, senza peraltro imporre alla equità un sacrificio inaccettabile, almeno nel momento in cui ci troviamo.
Ma così, no. Così non ci sto. L’emendamento che ha proposto il Governo che Lei rappresenta renderà il processo civile meno equo, e nello stesso tempo rallenterà il funzionamento complessivo della giustizia civile. Non lo dico io: si sono pronunciati in questo senso, con le Camere civili, la Associazione degli Studiosi del processo, il Cnf, l’Ocf, e la affermazione si legge anche nella sentenza 12310/2015 delle Sezioni unite. Abbiamo pubblicato oggi, tra le foto di questa pagina, le locandine di tutti gli eventi in cui tanti giuristi hanno detto la stessa cosa. Li conti, Sig.ra Ministra. Li conti. Sbagliavano tutti? Introdurre preclusioni e decadenze negli atti introduttivi, e concentrare tutta la attività difensiva in una udienza sovraffollata sino all’inverosimile, per poi permettere di rinviare di qualche anno non è inutile: è incomprensibile. Vuole accontentare l’Europa? Imponga ai magistrati di decidere in quella stessa udienza! Non è possibile imporglielo perché non possono riuscirci? Può darsi. Ma allora perché vietare  che quel rinvio comunque inevitabile venga utilizzato per consentire un compiuto esercizio del diritto di difesa? Mi dispiace, Sig. ra Ministra: a capirlo, non ci arrivo, e le lusinghe alla mia vanità, per quanto gradite, non mi aiutano. Per questo, mi piacerebbe raccogliere il Suo invito a sedere insieme a Lei nella stanza dei bottoni; ma se devo stare lì inerme a vedere premere bottoni che la voce unanime degli esperti scongiura di non toccare, spero non me ne vorrà se resto al mio posto, al fianco di quei cittadini che da molti anni difendo, nelle aule di giustizia e fuori: è il mio mestiere. Ascolti la voce di quelli esperti, Sig. ra Ministra: dicono la verità, e le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa, lo sosteneva un grande scrittore e Lei lo sa. Per questo, La ringrazio per avere già ascoltato la voce della Avvocatura che diceva la verità sulle sanzioni. La ascolti anche sul processo: attraverso di noi parlano i cittadini, ed in fondo Le stiamo chiedendo di dare retta alla Sua Commissione, mica a noi.
Con perfetta osservanza, mi creda
                                           Suo
                           Antonio de Notaristefani

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